Nûr. Eresia e besa
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Nûr è forse l’opera di Hajdari che più radicalmente introduce una nuova torsione del discorso. Questo è vero, in primo luogo, per l’uso della forma del poema drammatico, che rielabora e intensifica gli snodi conflittuali propri della poesia hajdariana attraverso relazioni sceniche tra personaggi anziché attraverso il “corpo presente” dell’io centrale. In secondo luogo, e in maniera complementare, le figure essenziali della produzione poetica precedente, distribuite tra la sfera di un’esistenza nuda e quella del simbolo, vengono tradotte in una vicenda eroica e mitica che non si limita ad alludere a tratti a una memoria epica, ma attinge direttamente ed estesamente da una parola già detta, condivisa e tramandata: il corpus dell’epica popolare albanese.
I valori etici e le situazioni narrative di quest’ultima, come Hajdari tiene ad affermare nella sua premessa ad uso del lettore italiano, sono intimamente legati alla civiltà del Kanûn, il codice d’onore che dal medioevo fino agli inizi del XX secolo regolò la vita degli albanesi delle montagne. Se i riferimenti alla cultura atavica del paese natale di Hajdari si sono moltiplicati nei suoi libri più recenti, smentendo senz’appello il luogo comune sulla poesia della migrazione come poesia sradicata o deterritorializzata, in Nûr la memoria albanese irrompe con forza inedita e diviene sfondo, protagonista e ragione stessa dell’opera.
Ma la tragedia di Nûr scava e reinventa il passato per ritornare a noi, oggi. Non solo perché è subito chiaro, fin dall’omonimia con il protagonista, che Hajdari espone se stesso nella tragedia, traducendo le lacerazioni biografiche in lacerazioni mitiche, ma anche perché queste ferite sono inscritte su un fondo arcaico e al contempo rivolte al futuro: è la «visione profetica del passato», che deve essere non solo ricomposto storicamente ma anche sognato poeticamente, da soggetti in lotta per le proprie radici, contro le proprie radici (perché riscriverle vuol dire affermare che esse non sono intangibili).
[dalla postfazione di Andrea Gazzoni]
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